Con i termini “Linea vita” viene comunemente identificato l’insieme dei dispositivi di ancoraggio utilizzati per la sicurezza degli operatori contro le cadute dall’alto.
Affinché il sistema anticaduta venga correttamente utilizzato, è necessario che l’operatore che vi si collega sia stato appositamente formato con dei corsi specifici, abbia preventivamente indossato un’imbracatura di sicurezza e utilizzi degli appositi dispositivi di collegamento.
I dispositivi di ancoraggio sono solitamente in acciaio, in alluminio o in materiali tessili come il polipropilene, possono essere fissi o removibili, monoutente o progettati per permettere a più operatori di collegarvisi contemporaneamente.
Il tema della sicurezza sul lavoro è attualmente molto dibattuto anche a livello politico anche a causa dei tristi e recenti fatti di cronaca. In Italia, la normativa nazionale attualmente in vigore, che tratta il tema della sicurezza sul lavoro è il Decreto Legislativo 81/08. Questa normativa è stata emanata nel 2008 e, oramai da oltre 10 anni, obbliga i lavoratori in quota, cioè chiunque effettui una lavorazione ad un piano con un dislivello maggiore di 2m da un piano stabile, a operare in sicurezza contro le cadute dall’alto.
Questa normativa non obbliga all’installazione di dispositivi di ancoraggio sulle coperture, ma attribuisce delle importanti responsabilità penali a coloro che operano senza i dovuti apprestamenti di sicurezza, al datore di lavoro e al proprietario dell’edificio dove vengono svolti i lavori.
Data la mancanza di una normativa nazionale che obblighi all’installazione di sistemi anticaduta, alcune regioni hanno legiferato in merito. L’apripista è stata la Regione Toscana nel lontano 2005, un vero e proprio organo precursore, se consideriamo in numero di regioni italiane che hanno legiferato in merito all’anticaduta a quasi 15 anni di distanza. Infatti solamente la metà delle regioni italiane prevedono l’installazione di dispositivi permanenti su edifici di nuova costruzione e oggetto di ristrutturazione. I regolamenti regionali differiscono leggermente l’uno dall’altro, ma i principi fondamentali oramai sono ben consolidati e comuni a tutte le regioni che hanno legiferato in merito all’anticaduta.
Sono attualmente in vigore una serie di norme tecniche di settore che descrivono quali siano i requisiti prestazionali dei dispositivi anticaduta. Queste normative, la maggior parte di matrice europea, sono volontarie e non obbligatorie.
Nonostante si parli di sicurezza contro le cadute dall’alto da oltre 10 anni con leggi e regolamenti diversi, a livello regionale, Nazionale e Comunitario, purtroppo le cadute da coperture, piani di lavoro sopraelevati, macchinari e mezzi meccanici continuano ad essere causa di numerosi incidenti mortali o con importanti danni fisici.
Le cause delle cosiddette “morti bianche” sono molteplici, plurime e imputabili a svariati fattori ambientali e comportamentali. Alla base di qualsiasi incidente sul lavoro possiamo rintracciare imperizia (mancanza di preparazione specifica), imprudenza (comportamento contrastante con le norme di sicurezza e di buon senso) o negligenza (atteggiamento passivo e consapevole nei confronti di obblighi).
L’installazione e l’utilizzo di dispositivi che permettano di lavorare in sicurezza dovrebbero essere un obbligo etico e morale, prima che un obbligo normativo.
La storia dell’umanità ci mostra come l’evoluzione abbia portato l’uomo ad accrescere le proprie conoscenze e ad utilizzarle per migliorare le proprie condizioni di vita, allungando così l’età media della popolazione. Inoltre ogni giorno sentiamo parlare di welfare aziendale e statale, ci preoccupiamo della qualità della vita, facciamo attenzione ai cibi che acquistiamo, promuoviamo importanti iniziative di prevenzione vaccinando i nostri bambini e facendo screening accurati per prevenire l’insorgere di gravi malattie. Nonostante tutte queste premure e attenzioni, la cultura del sicurezza sul lavoro è ancora a livelli qualitativi e quantitativi bassissimi.
I recenti dati del numero di incidenti sul lavoro evidenziano come il numero di “morti bianche” abbia un trend sostanzialmente stazionario e quindi del tutto negativo poiché nettamente in contrasto con l’evoluzione che stiamo osservando in tutti i settori della scienza e della tecnica. Viviamo in un’epoca in cui lanciamo satelliti nello spazio e progettiamo di andare su Marte, mettiamo in comunicazione persone a migliaia di chilometri di distanza in tempo reale e spostiamo ingenti somme di denaro con un semplice click, progettiamo grattacieli alti migliaia di metri e treni a levitazione magnetica, ma siamo ancora in grado di morire per pulire un canale di gronda o posizionare una parabola per la TV satellitare.
Il vero problema nel campo del Safety è culturale poiché in commercio si trovano dispositivi anticaduta che possono essere installati su qualsiasi tipo di copertura, piana o a forte pendenza, con geometria a falde inclinate o a volta, con struttura in legno, metallica o in calcestruzzo armato. Esistono dispositivi a bassissimo impatto visivo pensati per edifici di rilevanza storica e architettonica, dispositivi di ancoraggio ad alta visibilità che permettono all’operatore di individuare esattamente la loro posizione. In commercio troviamo sistemi anticaduta che non necessitano neanche di essere fissati in copertura e linea vita a binario sopraelevate che garantiscono la sicurezza degli operatori sulle autocisterne o su piani di lavoro mobili.
Da un punto di vista estremamente pragmatico, l’installazione di sistemi anticaduta su un nuovo edificio ha un costo stimabile inferiore all’1% del costo di costruzione. Questa cifra può variare sostanzialmente a seconda dei dispositivi scelti, delle strutture dell’edificio e della complessità dell’opera. L’importo complessivo è quindi veramente molto basso e irrisorio se rapportato a tutte le altre parti dell’edificio. Dobbiamo anche considerare che l’evoluzione della scienza e della tecnica ha portato a vedere e sfruttare la copertura in modo diverso. Da alcuni anni a questa parte, la copertura non è più solamente un elemento strutturale dell’edificio che permette di difenderci dalle intemperie e di mantenere il clima ideale all’interno dell’abitazione. Oramai la copertura è sempre più sfruttata quale sede di importanti parti impiantistiche come pannelli di solare termico, fotovoltaico, impianti di condizionamento e raffrescamento. Tutti gli impianti meccanici hanno bisogno di essere manutenuti con cadenze temporali diverse. Il tetto è quindi interessato dalla presenza di personale addetto alla manutenzione in vari momenti dell’anno e della vita dell’edificio. Così facendo, la copertura è divenuta un vero e proprio luogo di lavoro e, come tale, necessita dei dovuti apprestamenti di sicurezza per fare in modo che tutte le operazioni possano avvenire con la massima sicurezza.
È quindi molto importante avere la consapevolezza dei rischi connessi alla lavorazione in quota, di quale possano essere le corrette pratiche e i dispositivi idonei a ridurre al minimo i rischi connessi all’attività lavorativa. Per queste valutazioni è consigliabile affidarsi a persone esperte, che sappiano indicare quali siano i corretti riferimenti normativi e gli effettivi obblighi di legge, che sappiano indicare le corrette procedure e consigliare i migliori dispositivi per l’operazione da compiere.